MEDICINA - GUIDA MEDICA - IL CUORE E I VASI

L'EFFICIENZA CARDIACA

Il muscolo più attivo e più importante dell'organismo pesa circa 270 grammi, ossia lo 0,4% del peso totale del corpo. Questo muscolo è il miocardio, cioè il cuore.
Nessuna macchina costruita dall'uomo può essere paragonata, per ciò che riguarda la sua efficienza, al muscolo chiamato cuore il quale, dal momento della sua formazione nell'embrione a quello della morte, batte senza sosta al ritmo medio di 72 colpi al minuto, cioè 36 milioni di volte in un anno e 2 miliardi di volte in 50 anni.
A ogni battito, il cuore umano pompa 160 centimetri cubi di sangue. Anche quando siamo addormentati, esso pompa una tazza di sangue ogni 3 battiti, cioè più di 4 litri al minuto, 280 litri in un'ora. Ma questo lavoro raddoppia, appena il corpo compie una moderata attività; e durante un grave sforzo muscolare la portata cardiaca può superare i 2 mila litri di sangue all'ora.
Nel corso delle 24 ore di una giornata media, in cui l'organismo compia un lavoro non troppo pesante, il cuore pompa quasi 7 mila litri di sangue, pari, in un individuo che sia giunto ai 70 anni, ad un totale di 160 milioni di litri.
Il cuore comprime il sangue ad una pressione sufficiente per ottenere un getto alto 70 centimetri; il che rappresenta, in una settantina d'anni di vita umana, una somma di lavoro equivalente di quella che consisterebbe nell'alzare un treno sulla cima del Monte Bianco.
Questi dati sorprendenti indicano quanto sia grande il lavoro del cuore, che svolge la funzione di pompa con una efficienza del tutto sproporzionata al suo piccolo volume. Il lavoro cardiaco è pari al doppio dell'energia sviluppata dai muscoli delle gambe e delle braccia di un atleta che corra alla massima velocità possibile. Ma mentre i muscoli degli arti esauriscono presto la loro forza in questa strenua attività, il cuore continua a lavorare senza posa, decennio dopo decennio, per tutta la durata della vita umana.
Il cuore è un muscolo di struttura particolare, avvolto da una membrana a doppia parete, il pericardio, e dotato di cavità tappezzate da un sottile strato di tessuto, l'endocardio. Il muscolo propriamente detto (il miocardio) è formato da due sistemi muscolari separati fra i quali esiste il tessuto nodale, che ha il compito di mantenere la coordinazione del ritmo cardiaco.
Il cuore è una pompa doppia, composta di due metà in senso verticale, ognuna delle quali ha un'anticamera detta atrio od orecchietta, e una camera chiamata ventricolo. Ne risultano 4 cavità: l'atrio destro e il ventricolo destro; l'atrio sinistro e il ventricolo sinistro. La capacità di queste cavità varia nel corso della vita. Nel cuore umano, il volume medio di ciascun atrio si aggira sui 150 centimetri cubi, quello di ciascun ventricolo sui 120.
Il sangue che ha già circolato nel corpo, e che è povero di ossigeno, ricco di anidride carbonica e di color rosso cupo, entra nell'atrio destro del cuore per mezzo di due grossi vasi sanguigni, la vena cava inferiore e la vena cava superiore; passa al ventricolo destro e il cuore lo pompa nell'arteria polmonare, in direzione dei polmoni dove il sangue perde la sua anidride carbonica, si arricchisce di ossigeno e diventa color rosso vivo. Poi il sangue ritorna, lungo le vene polmonari, verso il cuore: entra nell'atrio, passa nel ventricolo sinistro e viene inviato, attraverso l'aorta, in tutte le parti del corpo.
Vi è dunque una «piccola circolazione» detta polmonare, e una «grande circolazione» detta generale.
Fra atrio e ventricolo di uno stesso lato del cuore sono disposte delle lamelle membranose unite a due o a tre per formare una specie di imbuto la cui base è rivolta verso l'atrio, e la cima mantenuta in direzione del ventricolo per mezzo di legamenti fibrosi fissati su piccole sporgenze muscolari della parete interna del ventricolo. Tre lamelle, nella parte destra, costituiscono la valvola tricuspide; due lamelle, nella parte sinistra, la valvola bicuspide o mitrale.
Nelle arterie polmonari e aorta, in prossimità del cuore, si trovano delle piccole membrane a nido di rondine la cui convessità è rivolta verso il cuore: sono anch'esse valvole che, come la tricuspide e la mitrale sono fatte in modo da costringere il sangue a circolare in una sola direzione.
Il cuore svolge dunque il compito di pompa aspirante e premente del sangue. L'aspirazione attraverso gli atri avviene durante la contrazione dei ventricoli. L'aspirazione attraverso i ventricoli corrisponde a un rilasciamento del muscolo che ha spinto il sangue nell'aorta e nell'arteria polmonare.
Essa avviene durante la fase di riposo del cuore.
Questo fenomeno di pompaggio è accentuato dai movimenti dei polmoni e della gabbia toracica, che, dilatandosi, portano con sé la dilatazione del cuore.
Ecco un importante esempio di coordinazione funzionale fra organi.
Sezione del cuore

Struttura e funzionamento del muscolo cardiaco

I MARGINI DI SICUREZZA

L'auscultazione permette di seguire le fasi delle pulsazioni cardiache. Tenendo una mano sul torace, circa tre dita al di sotto del capezzolo sinistro, si percepisce un battito provocato dalla punta dei ventricoli che si alza e urta la parete toracica. Questo battito, che corrisponde alla contrazione dei ventricoli, si verifica 72 volte al minuto nell'adulto.
Se si ascolta il cuore nel punto in cui si avverte il battito - sia direttamente applicando l'orecchio contro il petto, sia indirettamente con l'aiuto di uno' stetoscopio - a ogni pulsazione si odono due rumori, separati da intervalli di silenzio. Il primo rumore, basso e prolungato, corrisponde al passaggio del sangue dagli atri ai ventricoli, e alla chiusura delle valvole tricuspide e mitrale. Il secondo, alto e netto, corrisponde alla chiusura delle valvole delle arterie polmonari e aorta, che entrano in funzione quando il sangue viene espulso dai ventricoli.
Fra questi due rumori vi è un piccolo silenzio. Un silenzio di maggiore durata corrisponde al riposo del cuore, successivo alla fase di contrazione. Questi fenomeni acustici si chiamano toni, e dalla loro ascoltazione si può osservare e valutare il funzionamento cardiaco.
È alle grosse pareti muscolari dei ventricoli che è devoluta soprattutto l'azione di pompa. La parete del ventricolo sinistro ha maggior spessore di quella del ventricolo destro. I due ventricoli sono separati da una parete divisoria, il setto interventricolare.
Attorno ai due ventricoli vi è un rivestimento comune, costituito da parecchi strati di muscolatura ad andamento spirale e circolare.
Questa disposizione anatomica presenta parecchi vantaggi: grazie ad essa, il sangue non è semplicemente espulso dai ventricoli, ma spinto in una determinata direzione; inoltre la sua emissione dai due ventricoli avviene contemporaneamente e in quantità eguali, il che assicura un identico riempimento delle due cavità; infine, l'efficacia dell'azione pompante è resa maggiore dall'irrigidimento del setto interventricolare che avviene subito prima della contrazione muscolare.
Il ventricolo si riempie di sangue proveniente dall'atrio. Un tempo si pensava che ciò avvenisse soprattutto per effetto di contrazioni atriali, ossia che anche gli atri funzionassero da pompa. Ma oggi si sa che l'atrio cardiaco è soprattutto un serbatoio, e che i ventricoli si riempiono grazie alla loro dilatazione elastica che precede la contrazione.
Tuttavia una contrattilità atriale esiste. A che cosa serve però, quando le contrazioni ventricolari sono più che sufficienti per svolgere il lavoro di pompa del cuore? Si può rispondere che le contrazioni atriali rappresentano un margine di sicurezza, poiché sebbene esse contribuiscano ben poco a riempire i ventricoli in condizioni normali, assumono invece un compito molto importante quando le aperture valvolari fra atrii e ventricoli sono poco ampie per causa di malattia: l'azione pompante atriale è allora necessaria per spingere il sangue attraverso tali aperture diventate ristrette.
La pompa ventricolare ha anch'essa i suoi margini di sicurezza. li ventricolo sinistro può continuare a funzionare efficientemente anche quando metà della sua massa muscolare è morta, mentre una buona circolazione polmonare può essere mantenuta anche quando la parete del ventricolo destro è quasi completamente distrutta.
Come ogni pompa meccanica, il ventricolo è fornito, come si è detto, di valvole di immissione e di emissione: le prime si aprono e le seconde si chiudono quando esso si riempie, mentre nella fase di scarico avviene l'opposto. La compressione prodotta dalla contrazione dei muscoli cardiaci chiude automaticamente le valvole di immissione fra atrio e ventricolo; una frazione di secondo più tardi, le valvole di emissione si aprono per consentire al ventricolo di scaricare il suo sangue, nell'arteria polmonare per il ventricolo destro, nell'aorta per quello sinistro. Poi il muscolo si rilascia e la pressione nei ventricoli cade. Allora le valvole di emissione si chiudono e subito dopo si aprono quelle di immissione. Il rilassamento che consente ai ventricoli di riempirsi si chiama diastole; la compressione che espelle il sangue si chiama sistole.
Potrebbe sembrare che l'efficienza delle valvole sia un fattore indispensabile per il completo svuotamento del ventricolo; ma non è così, perché le leggi dell'idraulica non sono assolute. Ogni contadino sa che, anche in caso di guasto delle valvole idrauliche, può egualmente estrarre l'acqua dal pozzo pompando con maggiore energia: analogamente, il medico ha appreso da lungo tempo che la circolazione sanguigna può restare efficiente anche se esistono gravi alterazioni delle valvole cardiache.
In questo caso, i margini di sicurezza sono basati su elementi in parte fisici e in parte fisiologici.
I primi sono rappresentati da più vigorose contrazioni del muscolo cardiaco, aiutate dalla particolare disposizione strutturale dei fasci muscolari rotondi, che tendono a dirigere il flusso sanguigno attraverso l'ingresso valvolare; i secondi consistono in un meccanismo che è noto come legge di Starling e grazie al quale il muscolo cardiaco si contrae tanto più vigorosamente quanto più elevata è la stimolazione che su di esso si esercita: infatti più sangue è contenuto nel ventricolo alla fine della diastole, maggiore è la quantità di esso che viene espulsa nella sistole.
Il riempimento dei ventricoli sarà molto elevato nei casi di insufficienza di entrambe le valvole, sia di emissione sia di immissione. Pompando una quantità supplementare di sangue ad ogni battito, i ventricoli compensano le perdite avvenute attraverso una sistole valvolare atriale insufficiente.
Come si vede, il cuore usufruisce di ampi margini di sicurezza per superare gli sforzi della vita di ogni giorno. Scarso invece è il suo margine per ciò che riguarda il suo rifornimento di ossigeno. Contrariamente a ciò che avviene per altri tessuti del corpo, i quali consumano soltanto un quarto dell'ossigeno che viene loro fornito dal sangue, il muscolo cardiaco ne usa ben 180 %. Ne consegue che per il cuore l'entità del rifornimento sanguigno è importantissima, specialmente quando le richieste di ossigeno sono aumentate per effetto di una intensa attività muscolare.
Il sangue penetra nel tessuto cardiaco attraverso due grosse arterie, le coronarie, così chiamate perché circondano come una corona la superficie del cuore e inviano le loro ramificazioni fino alle singole fibre muscolari. L'arteria coronaria sinistra è molto corta e si divide immediatamente in due rami: l'uno è ampio e si spinge a sinistra nel solco posto fra atrio e ventricolo, poi si dirige in basso sulla superficie del ventricolo sinistro, fornendo il sangue all'atrio sinistro, alla parete antero-superiore e a tutta la parete posteriore del ventricolo sinistro; l'altro ramo si spinge a sinistra dell'arteria polmonare, poi si dirige in basso, lungo un solco sino alla punta: esso fornisce il sangue alla parete anteriore del ventricolo sinistro e a una piccola parte posteriore del ventricolo destro. Nelle vicinanze del suo punto di origine, l'arteria coronaria sinistra emette piccoli rami che nutrono il setto.
L'arteria coronaria destra decorre in un solco situato fra l'atrio e il ventricolo di destra e porta il sangue a entrambe queste camere. Dalla superficie partono rami vascolari che si dirigono nell'interno delle pareti del cuore, suddividendosi continuamente sino a formare una sottilissima rete capillare attorno alle singole fibre muscolari.
Nel cuore umano normale, vi sono scarse connessioni fra queste tre principali arterie. Se una di esse è improvvisamente bloccata, la zona di cuore da essa irrorata non può ottenere il rifornimento sanguigno per altra via, così che il muscolo, privato di sangue arterioso, cessa presto di contrarsi, muore e viene sostituito da tessuto cicatriziale. Inoltre, il blocco di una grossa arteria coronaria non determina in tutti i casi la morte del segmento di cuore da essa irrorato, perché nuovi vasi sanguigni crescono da altre arterie, se il ramo principale è progressivamente ristretto per aterosclerosi. Si può quindi avere lo sviluppo di una circolazione collaterale, se il restringimento di una coronaria avviene lentamente, in un periodo di mesi o di anni. Questo processo biologico di autoriparazione rappresenta un altro fattore di sicurezza del cuore.
Si è visto che vi sono molti fattori di sicurezza strutturali e funzionali che aiutano il cuore ad affrontare non soltanto stimoli forti e prolungati della vita quotidiana, ma anche le sfavorevoli conseguenze di una malattia. Della loro esistenza si aveva notizia da molto tempo, ma le ricerche moderne hanno chiarito in parte la natura dei processi fisiologici e chimici su cui tali fattori si basano.
Di quale carburante si nutre questa straordinaria macchina che è il cuore? Qual è il segreto della sua resistenza ed efficienza? Misurazioni compiute per determinare la capacità del cuore a convertire l'energia del suo carburante in lavoro utile indicano che il muscolo cardiaco umano trasforma in lavoro meccanico circa il 25% dell'energia derivatagli dagli alimenti, e che durante lo sforzo, quando il muscolo può raddoppiare o triplicare il suo lavoro, questo valore può salire lino al 50 %.
Il muscolo del cuore, che lavora di gran lena, richiede continuamente ossigeno: eppure esso riceve solo l'8:lO% del sangue che circola nell'organismo, cioè molto meno del rene che ne ha il 25 %. Il miocardio supplisce a questa scarsità di rifornimenti con la sua straordinaria capacità di estrarre ossigeno dal sangue. Ma è un'efficienza che non può essere accresciuta di molto in condizioni di emergenza; così che, quando il cuore è chiamato a compiere un lavoro straordinario, è il flusso di sangue nel muscolo che deve aumentare.
Come altri tessuti viventi, il muscolo cardiaco produce energia spezzando le molecole di carboidrati, di grassi e di proteine in composti più semplici che a loro volta, in presenza di ossigeno, sono ossidati in sostanze immagazzinatrici di energia, tra le quali va ricordato soprattutto l'ATP o adenosintrifosfato, di cui si è parlato nel capitolo precedente, a proposito della contrazione muscolare. Ora ci si pone una domanda assai importante: quali sono gli alimenti usati dal cuore, e quali fra essi i più utili?
È noto da tempo che il cuore brucia carboidrati, specialmente glucosio e suoi derivati. Ma ricerche recenti hanno chiarito che i carboidrati rappresentano soltanto il 35% del totale del combustibile consumato dal cuore, e che esso brucia notevoli quantità di altre sostanze, fra le quali sembrano particolarmente importanti gli acidi grassi, che probabilmente sono immagazzinati nel muscolo cardiaco come alimento di riserva. In realtà il cuore sa usare come combustibile tutte le sostanze che circolano nel sangue e può così far fronte a ogni variazione dei rifornimento nutritivo.
La trasformazione, nel cuore, dell'energia chimica in energia meccanica di contrazione ha certe somiglianze con la conversione dell'energia in un motore d'automobile, ma vi sono anche molte differenze. In entrambi i casi, si ha una improvvisa esplosione di carburante provocata da una scintilla elettrica; in entrambi, il carburante è complesso, l'esplosione comporta una serie di reazioni chimiche e una parte dell'energia è perduta nella formazione di calore.
In entrambi i casi, l'esplosione avviene in un cilindro; con la differenza che nel cuore tali cilindri, rappresentati dalle cellule muscolari, non solo contengono il carburante, ma sono anche in grado di fabbricarselo traendolo da sostanze fornite dal sangue.
Nei milioni di cilindri del cuore, come in un motore d'automobile, l'accensione deve avvenire secondo una determinata successione, affinché la contrazione muscolare sia efficiente. Se l'accensione fosse disordinata, si avrebbe una grande liberazione di energia, ma non un'azione coordinata: questo stato caotico è chiamato fibrillazione, cioè attività indipendente e non coordinata delle singole fibrille del muscolo cardiaco.
Che cosa fa mantenere al cuore il suo ritmico battito? Esso è originato nel cuore stesso, e i nervi che giungono al cuore servono soltanto per regolarlo secondo gli impulsi provenienti da una zona del cervello situata presso il centro vasomotore.
La natura e la sede di un «centro regolatore» proprio del cuore rimase enigmatica fino a tempi relativamente recenti. Oggi è noto che gli impulsi regolatori sono generati e distribuiti da un sistema di fibre muscolari specializzate, costituite da cellule poste in serie.
Alla frequenza di 72 volte al minuto, un breve impulso elettrico di bassa intensità viene liberato da un piccolissimo nodo di tessuto posto nella parete posteriore dell'atrio destro, chiamato nodo sinoatriale o SA. L'impulso elettrico si diffonde sopra la membrana di tessuto che avvolge i due atri, e così facendo eccita successive fibre muscolari che producono la contrazione atriale.
L'impulso raggiunge anche un altro piccolo nodo di tessuto muscolare specializzato, noto come nodo atrio-ventricolare o AV, situato fra gli atri e i ventricoli. Qui l'impulso è fermato per un tempo di circa 7 centesimi di secondo, per consentire agli atri di completare la loro contrazione.
Poi, dal nodo AV, l'impulso viaggia rapidamente attraverso i ventricoli per un sistema di trasmissione ramificato, raggiungendo ciascuna fibra muscolare dei due ventricoli in 6 centesimi di secondo. Così il minuscolo impulso iniziale produce «esplosioni» quasi simultanee in tutte le cellule, e i due ventricoli possono contrarsi in modo uniforme.
Il cuore offre dunque un esempio tipico di automatismo. Ma se origina da solo i propri impulsi, a che cosa servono i due gruppi di nervi che vi si dirigono? Si potrebbe rispondere che essi agiscono come le redini e gli speroni su un cavallo che ha la tendenza di correre liberamente: il nervo vago frena la funzione del nodo SA; il nervo simpatico l'accelera nei periodi di eccitazione e di fatica.
Il ciclo cardiaco

Come avviene il trapianto di cuore

L'ELETTRICITÀ DEL CUORE

Normalmente, come si è detto, il nodo SA genera l'impulso elettrico. Ma anche qui la natura ha creato dei margini di sicurezza. Quando il nodo SA è depresso o distrutto per malattia, gli impulsi si formano nel nodo AV, che non è altrettanto efficiente (potendo suscitare al massimo 40:50 impulsi al minuto), ma basta per assicurare il funzionamento del cuore. Alcuni malati sono sopravvissuti fino a 20 anni con il centro AV che sostituiva quello SA.
Vi sono anche altri minori centri regolatori, in grado di assicurare il battito cardiaco quando i maggiori sono in difetto.
Quale meccanismo consente ai tessuti nodali di emettere impulsi elettrici con regolarità cronometrica 104 mila volte al giorno? Bisogna pensare anzitutto al sangue. Il fatto che un cuore isolato non continua a battere a lungo se non gli si fornisce artificialmente del sangue, mostra che quest'ultimo deve portare al cuore qualche cosa di essenziale per il battito: questo infatti, e quindi ovviamente anche la generazione dell'impulso elettrico, dipende in primo luogo da un rifornimento di sangue che contenga un'equilibrata proporzione di sodio, potassio e calcio, con un'adatta quantità di ossigeno e di quel carburante biologico per eccellenza che è il glucosio.
Ma in che modo sostanze inorganiche come il sodio, il potassio e il calcio sono in grado di produrre e diffondere gli stimoli cardiaci? Il meccanismo si può così sintetizzare. Ioni di potassio a carica positiva sono all'interno della cellula muscolare cardiaca, mentre molto più numerosi ioni positivi di sodio sono all'esterno. E poiché il numero delle cariche positive è maggiore all'esterno che all'interno, l'interno della cellula risulta caricato negativamente rispetto all'esterno.
Quando la cellula viene stimolata, uno ione di sodio si fa strada attraverso la membrana cellulare. Poi un numero sempre maggiore di ioni di sodio attraversa la membrana, mentre gli ioni di potassio escono dalla cellula. Con ciò la polarità della cellula si inverte e si produce un potenziale di azione elettrica. Infine si ritorna alla situazione iniziale. L'impulso elettrico è trasmesso, dal centro regolatore ai cilindri costituenti le pompe ventricolari, per mezzo di uno speciale sistema di conduzione.
Oltre che dal cuore, organo propulsore del sangue, l'apparato circolatorio è costituito da un sistema di tubi chiusi chiamati vasi, distinti in 4 differenti tipi: le arterie, i capillari, le vene e i linfatici. I vasi hanno una forma cilindrica, di diametro sempre più piccolo, a mano a mano che si dividono in rami detti «collaterali» i quali, a loro volta, comunicano con altri rami collaterali chiamati «anastomotici», formanti le anastomosi. I vasi hanno una direzione prevalentemente parallela all'asse maggiore delle regioni che attraversano.
Le arterie formano un complesso di canali, il sistema arterioso, che ha origine dal cuore con 2 tronchi: l'arteria polmonare, che parte dal ventricolo destro; l'arteria aorta, che parte dal ventricolo sinistro. L'arteria polmonare porta il sangue venoso dal cuore ai polmoni; questa è un'eccezione, perché le arterie in genere portano sangue arterioso. L'arteria aorta, o più semplicemente, l'aorta, è il tronco principale del sistema arterioso, i cui rami si distribuiscono in gran numero alle ossa, ai muscoli e agli altri organi.
Questa distribuzione avviene mediante una successiva divisione di rami arteriosi in ramoscelli sempre più piccoli e sempre più numerosi, che si dividono a loro volta, nella compagine dei tessuti, in miriadi di canalini microscopici: i capillari. In tal modo la rete vasale si allarga enormemente, raggiungendo la massima ampiezza a livello dei capillari. Il rapporto fra il calibro dell'aorta e quello dei capillari è di 1/800. E proprio per mezzo dei capillari avvengono gli scambi fisiologici, gassosi e nutritivi fra il sangue e le cellule dei tessuti.
I capillari arteriosi comunicano fra loro con un gran numero di anastomosi e si continuano insensibilmente con una rete analoga di capillari venosi i quali, anziché suddividersi, confluiscono in canalini sempre maggiori fino a costituire i piccoli rami venosi da cui prendono origine le vene che formano il sistema venoso.
Le vene hanno il compito di ricondurre il sangue, dalla rete capillare delle diverse regioni del corpo, al cuore verso il quale convergono in rami sempre più grossi. Hanno pareti più sottili di quelle delle arterie ma sono più numerose, perché di solito ciascuna arteria è accompagnata da due vene. Seguono un decorso rettilineo e formano frequenti anastomosi fra loro.
A differenza dalle arterie, la superficie interna delle vene presenta di tanto in tanto delle valvole simili a quelle che si trovano negli orifizi dell'aorta e delle arterie polmonari in prossimità del cuore formate da membrane disposte a nido di rondine.
Tali valvole, assenti nelle grosse vene, hanno la funzione di impedire al sangue di rifluire all'indietro. Sono presenti nelle vene degli arti, specialmente degli arti inferiori, nei quali la corrente sanguigna venosa segue una direzione dal basso verso l'alto, contraria all'attrazione terrestre.
Il sistema venoso, in complesso, è molto simile al sistema arterioso. Quindi, alla circolazione arteriosa polmonare corrisponde la circolazione venosa polmonare; e alla circolazione arteriosa generale corrisponde la circolazione venosa generale.
Infatti le vene polmonari riconducono al cuore il sangue portato ai polmoni dalle arterie polmonari.
Queste vene portano il sangue arterioso dai polmoni al cuore: è una eccezione analoga a quella delle arterie polmonari che, come si è detto, portano il sangue venoso dal cuore ai polmoni.
Il sangue portato ai tessuti del corpo a partire dall'aorta e dalle sue ramificazioni (sistema arterioso), ritorna al cuore attraverso 2 grosse vene: la «vena cava superiore» (o «discendente»), che raccoglie tutto il sangue distribuito dall'aorta al disopra del diaframma (torace, testa, arti superiori); e la «vena cava inferiore» (o «ascendente»), che raccoglie tutto il sangue distribuito dall'aorta al disotto del diaframma (addome, bacino, arti inferiori). Le «vene cave», che sboccano nell'atrio destro del cuore, sono dunque i collettori finali del sistema venoso.
Una circolazione sanguigna particolare è quella del fegato. Esso viene nutrito dall'arteria epatica, un ramo dell'aorta. Ma nel fegato penetra e si dirama anche, come fosse un'arteria, la vena porta che proviene dalla confluenza delle vene dell'intestino, dello stomaco e della milza. Questa circolazione portale è strettamente connessa con le funzioni del fegato, specialmente per quanto riguarda la produzione di glicogeno (zucchero di riserva) e l'attività antitossica.
Per scorrere attraverso i vasi - dalle arterie ai capillari e da questi alle vene - il sangue deve essere mantenuto a una data pressione. Tale pressione è determinata principalmente non solo dall'azione pompante del cuore, ma anche dalle arterie.
Esse, infatti, non sono semplici condotti inerti, bensì hanno il compito di regolare il flusso sanguigno rilassandosi a ogni pulsazione e contraendosi fra una pulsazione e l'altra, grazie alle fibre muscolari che le avvolgono. Questa regolazione è diretta da un centro nervoso, il centro vasomotore posto alla base del cervello. La pressione sanguigna è regolata anche dal concorso di altri meccanismi.
Per esempio, dal «seno carotideo» del collo, che è un lieve ingrossamento dell'arteria carotide che porta il sangue alla testa. Quando la pressione sanguigna è in eccesso, il seno carotideo si gonfia più del normale; i suoi nervi trasmettono un fulmineo messaggio al centro vasomotore; e questo determina un abbassamento della pressione sanguigna ordinando ai muscoli delle arterie di rilassarsi (vasodilatazione) e al cuore di rallentare.
Se invece il seno carotideo non si gonfia abbastanza, il meccanismo si inverte: le arterie si restringono (vasocostrizione) il cuore accelera e la pressione aumenta. La pressione sanguigna è regolata anche dall'adrenalina, ormone delle ghiandole surrenali: un aumento di questa sostanza nel sangue provoca la vasocostrizione arteriosa, e quindi un aumento di pressione.
Alla vasodilatazione e alla vasocostrizione dei capillari arteriosi sono legate anche le reazioni dell'organismo alla temperatura esterna. Di solito, i vasi sanguigni superficiali funzionano da impianto di raffreddamento, come l'acqua nel radiatore di un'automobile: il sangue caldo che esce dagli organi interni si raffredda mentre scorre attraverso i capillari della pelle.
Ma quando fa freddo, il centro termoregolatore (cioè il sistema automatico cerebrale che mantiene l'organismo umano alla temperatura costante di circa 37° C) produce una vasocostrizione nei capillari della pelle, riducendo il flusso sanguigno a un quinto del normale (che va dai 190 ai 285 litri all'ora) e anche meno. E così la pelle si trasforma, per così dire, da un radiatore che dissipa calore a una coperta che lo conserva.
La pressione sanguigna raggiunge il massimo nelle grandi arterie, diminuisce gradualmente nelle arterie minori, cade di colpo nelle arterie più piccole (arteriole), è relativamente bassa nei capillari, diminuisce ulteriormente nelle vene e diventa inferiore a quella atmosferica nelle grosse vene prossime al cuore. Fra il sangue che, uscito dal cuore, scorre nell'aorta, e quello che al cuore confluisce attraverso le «vene cave» ascendente e discendente, esiste quindi una differenza di pressione che in ultima analisi è la causa fondamentale dello scorrimento del sangue, il quale si sposta dal punto di maggior pressione a quello di pressione minore. Nell'uomo adulto, la differenza di pressione fra aorta e vene cave è di 130-140 mm Hg (millimetri di mercurio).
La pressione sanguigna è dunque propriamente arteriosa, e ad essa concorrono le resistenze per attrito del sistema arterioso, del volume di sangue e della sua viscosità. La misurazione che il medico compie con un manicotto dotato di quadrante applicato al braccio, lo sfigmomanometro, indica che, in media, la pressione arteriosa massima, cioè quella «sistolica» (quando il cuore, contraendosi, imprime al sangue energia cinetica), si aggira sui 120-140 mm Hg; e che la pressione arteriosa minima, ossia quella «diastolica» (quando il cuore riposa per un attimo) varia fra gli 80 e il 90 mm Hg.
La pulsazione delle arterie - determinata dalla sistole cardiaca - consiste in una successione di espansioni e di retrazioni delle loro pareti elastiche a causa del passaggio dell'onda sanguigna. La frequenza delle pulsazioni arteriose equivale al numero di esse nel corso di un minuto, e corrisponde al numero delle sistoli. Negli individui sani, è di 72 pulsazioni al minuto. Il ritmo è determinato dalla durata degli intervalli che si alternano con le pulsazioni; e perché il ritmo sia regolare, è necessario che le pause siano di eguale durata. Queste caratteristiche vengono rilevate facilmente con la palpazione dell'arteria radiale, nella regione del polso: si tratta del comune rilievo clinico che prende appunto il nome di polso.
Il muscolo più importante e più attivo dell'organismo - il cuore - è dunque l'organo di partenza delle arterie e di arrivo delle vene, che insieme con i capillari hanno una lunghezza complessiva di oltre 100 mila chilometri, più del doppio della circonferenza terrestre. Questi è dunque, nella sua complessità, il sistema di distribuzione di quel liquido prodigioso che è il sangue.
Arterie coronarie e vene del cuore (davanti)

Arterie coronarie e vene del cuore (dietro)

 

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